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La via dell’Anima / Giornate carissimiane 2023
TIVOLI, 16 aprile

Giornate carissimiane - nei luoghi del Maestro / 2023
Musicaimmagine | Amici della Musica di Tivoli | Diocesi di Tivoli | Comune di Tivoli

TIVOLI, Chiesa di San Vincenzo
domenica 16 aprile

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> Album FOTO

ore 10:30 - 13:00 / 15:15 - 17:15
CONVEGNO di studi interdisciplinari

Saluti istituzionali :
- S.E. mons. Mauro Parmeggiani, Vescovo di Tivoli & Palestrina
- Giuseppe Proietti, Sindaco di Tivoli 
- Maurizio Pastori, Presidente Amici della Musica di Tivoli
- Flavio Colusso, Presidente Musicaimmagine

Prima Sessione di studi : presiede Flavio Colusso
- Maurizio Pastori, Il giovane Jacomo a Tivoli: tre maestri e un mecenate
- Luca Polidoro, I ‘benefici’ di Urbano VIII e i ‘censi’ del Maestro
- Anne Marie Dragosits, «L’Apollinare quanto a musica è il paradiso terrestre». La formazione del castrato Raffaello con Kapsperger e Carissimi
- Luigi Verdi, ‘Autografi contesi’ di Giacomo Carissimi  

Seconda Sessione di studi : presiede Agostino Ziino
- Claudio Strinati, Le arti e gli artisti a Tivoli al tempo del giovane Carissimi
- Galliano Ciliberti, Un caso di musica picta: il mottetto "In te Domine spes mea" attribuito a Carissimi
- Michele Vannelli, La "Missa La luna piena" di Corsi da Celano
- Cecilia Campa, Anno Domini 1629. Musici e massimi sistemi sotto l’egida barberiniana

ore 17:30
SCOPRIMENTO TARGA “nei luoghi del Maestro”
   «Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo Martire / in questo luogo sacro, negli anni 1623-1627, /  ebbe il suo primo incarico professionale come cantore e organista / Giacomo Carissimi / Maestro dell’Europa Musicale (Marino 1605-Roma 1674)»

ore 18:00
CONCERTO
Quid agis cor meum
Oratori, mottetti e cantate di G. Carissimi

Ensemble Seicentonovecento
direttore al cembalo, Flavio Colusso

Maria Chiara Chizzoni, soprano
Mauro Borgioni, baritono
Andrea Damiani, tiorba


PRESS

Le Giornate carissimiane 2023 a Tivoli
di Luca Polidoro
estratto da "Harmonia" (VIII), 2023

   Quest’anno l’annuale convegno di studi interdisciplinari nell’ambito delle Giornate carissimiane si è tenuto a Tivoli, nella chiesa di San Vincenzo, domenica 16 aprile. Istituite da Musicaimmagine nel 2013 per festeggiare i trent’anni di attività di Flavio Colusso e dell’Ensemble Seicentonovecento intorno all’opera di Giacomo Carissimi (Marino, 18 aprile 1605 - Roma, 12 gennaio 1674), le Giornate carissimiane sono appuntamenti “nei luoghi del Maestro”, dove egli visse, operò ed è sepolto; nel 2023 ricorre il 40° anno di tale percorso. Momenti di incontro e confronto per approfondire la conoscenza di uno dei più grandi musicisti della storia, la cui figura sfuma in un’aura mitica, le Giornate rappresentano inoltre l’occasione per ascoltare rare pagine di musica, alcune in prima esecuzione, celebrare le «Messe per l’anima sua» chieste da Carissimi in punto di morte, nonché visitare luoghi di particolare interesse storico-artistico a lui legati. Tutto il Convegno sarà presto disponibile in video sul canale YouTube di Musicaimmagine.

   Maurizio Pastori, in qualità di presidente dell’associazione Amici della musica di Tivoli, ha letto il messaggio indirizzato ai partecipanti dal Vescovo di Tivoli, S. E. mons. Mauro Parmeggiani. È seguito il saluto dell’architetto Maria Rosaria Cecchetti, assessore al Patrimonio del Comune di Tivoli, in rappresentanza del Sindaco e dell’Amministrazione comunale. Si è quindi aperta la seduta antimeridiana del convegno, moderata da Flavio Colusso
   Nel primo intervento, dal titolo "Il giovane Jacomo a Tivoli: tre maestri e un mecenate", Maurizio Pastori ha esposto l’esperienza tiburtina di Carissimi, mettendo in risalto alcuni aspetti dell’influenza che ebbe Tivoli nella sua vita, alla luce del ruolo avuto dai maestri della cappella musicale del Duomo unitamente a quello di un canonico suo mecenate. Con puntuali riscontri sulle fonti documentarie reperite negli archivi locali, in primo luogo i libri capitolari, il relatore ha ripercorso gli anni di Carissimi a Tivoli dal periodo dell’ammissione come cantore (1623) all’attività come organista (1627). Dopo la morte della madre, infatti, Giacomo lasciò la nativa Marino stabilendosi a Tivoli, dove è attestato come cantore nel Duomo sotto la direzione dell’arciprete Aurelio Briganti Colonna, il quale avviò il giovane Giacomo allo studio dell’organo. Per il servizio prestato quale cantore per quattordici mesi, Carissimi percepì quattordici scudi e cinque giuli. Alla fine di novembre 1624 su indicazione del Briganti Colonna fu nominato maestro Alessandro Capece, il quale tenne la direzione della cappella del Duomo fino al dicembre 1626 e poi di nuovo dal maggio 1629 al luglio 1631. Fu proprio Capece a far nominare Carissimi organista. Aurelio Briganti Colonna e Alessandro Capece possono dunque essere individuati come i primi maestri di Carissimi. Giacomo fu indubbiamente influenzato più dal secondo che dal primo, sia per il ruolo di organista che gli diede modo di collaborare strettamente con il Capece, sia per la durata del suo discepolato durato poco più di due anni. I progressi di Carissimi come organista si rilevano peraltro dall’aumento dello stipendio: da uno scudo al mese percepito nel 1624-1625 (come i cantori) a uno scudo e mezzo al mese nel 1627, come il predecessore Nemesio Bosi. Durante il triennio tra il primo e il secondo magistero di Capece, la carica di maestro di cappella fu ricoperta da Francesco Manelli, tiburtino, cantore e compositore noto soprattutto come operista a Venezia e a Parma, ma formatosi in questa cappella, molto attivo in Roma e in Tivoli. Carissimi fu organista sotto Manelli per soli tre mesi, prima di lasciare Tivoli al seguito del canonico Getulio Nardini il quale, com’è altamente probabile, riconosciuto il talento di Carissimi volle portarlo con sé ad Assisi. Nardini, tiburtino, Arcidiacono del Duomo e Vicario sotto i vescovi Marco Antonio Gozzadini (1622-1623) e Mario Orsini (1624-1634), era stato nominato da papa Urbano VIII protonotario apostolico e poi Vicario apostolico di Assisi. Terminato l’incarico ad Assisi intorno al 1630, Nardini introdusse Carissimi nel Collegio Germanico-Ungarico di Roma, dove lavorò fino alla morte.
   La successiva relazione, dal titolo "«L’Apollinare quanto a musica è il paradiso terrestre». La formazione del castrato Raffaello con Kapsperger e Carissimi" ha consentito ad Anne Marie Dragosits, nel tratteggiare il percorso del castrato Raffaello Mellini di Pistoia, di mettere in luce le metodologie didattiche e pedagogiche di Carissimi nel suo magistero musicale, evidenziandone le peculiarità, come pure di indagare le relazioni con il celebre “tedesco della tiorba”, una delle personalità attorno a cui maggiormente si catalizzò la fioritura musicale che vide protagonista Roma nei primi decenni del ‘600. La studiosa, tornando alla ricerca effettuata per la stesura della biografia in lingua tedesca "Giovanni Girolamo Kapsperger (ca. 1580-1651), ein ziemlich extravaganter Mann", pubblicata dalla LIM nel 2020, si è soffermata su una fonte seicentesca ancora poco studiata dell’Archivio Upezzinghi conservato presso l’Archivio di Stato di Pisa, la filza n. 65, contenente numerose lettere sulla formazione musicale del castrato Raffaello. Mellini entrò al servizio del mecenate pisano fra’ Francesco Lanfreducci il Giovane, cavaliere di Malta, nell’autunno 1647. Mellini studiò i primi mesi a Roma (dall’ottobre 1647 al febbraio 1648) sotto la guida di Kapsperger, in casa di quest’ultimo. Per diverse ragioni, non escluse le continue nonché esorbitanti pretese economiche (almeno secondo l’agente e procuratore di Lanfreducci a Roma), alla fine di febbraio Raffaello fu tolto dalla casa di Kapsperger e condotto all’Apollinare. Dal marzo dello stesso anno, dunque, fu posto sotto la direzione di Carissimi. Nel dicembre 1650 Mellini lasciò l’Apollinare stabilendosi a Pisa. Lanfreducci raccolse ogni lettera relativa al periodo romano del suo musico: si tratta di materiale esemplare per tanti rispetti, che restituisce con interessanti dettagli l’ambiente non soltanto musicale di Roma dal 1647 fino 1650. Dalle lettere è possibile apprendere le qualità di Kapsperger quale maestro di canto, oltre che i suoi metodi d’insegnamento o le sue opinioni musicali, ma anche aspetti di vita familiare e privata dei suoi ultimi anni di vita, caratterizzata da malattia e problemi finanziari. Raffaello studiò per più che due anni e mezzo con Carissimi, in compagnia di altri giovani castrati come Giuseppe Scrilli, molto spesso menzionato nelle lettere come l’allievo migliore in questi anni. Le lettere, non tutte ancora studiate, forniscono informazioni sulla vita quotidiana nell’Apollinare, sulle musiche eseguite nella chiesa, sulle qualità (non soltanto musicali) e sulle voci degli altri allievi e soprattutto preziose informazioni su Giacomo Carissimi come insegnante.
   È quindi intervenuto Luca Polidoro con la relazione "I ’benefici’ di Urbano VIII e i ’censi’ del Maestro", illustrando con numerosi riferimenti alle fonti archivistiche conservate presso l’Archivio del Collegio Germanico-Ungarico e l’Archivio di Stato di Roma sia i due benefici ecclesiastici in Romagna, con le relative prebende, concessi da Urbano VIII al Carissimi su probabile intercessione del cardinale Girolamo Colonna, sia le operazioni finanziarie realizzate sotto forma di contratti di censo in favore prevalentemente del Collegio Romano ma anche di terzi, testimonianze di un aspetto finora poco indagato dell’amministrazione delle proprie disponibilità economiche da parte del Maestro. Il relatore ha messo in evidenza come il breve di Urbano VIII con i quali il pontefice assegnò i benefici al Carissimi non è stato finora reperito, e purtroppo tra l’esiguo numero dei registri di questo pontefice superstiti, dopo le traversie del trasferimento in Francia conseguenti l’occupazione napoleonica e il rientro in Vaticano della documentazione, mancano quasi completamente anche quelli relativo all’anno XIV di pontificato, circostanza che non consente di recuperarne il testo, sia pure nella copia eventualmente registrata. Tuttavia, il documento, conservato presso l’Archivio storico del Collegio Germanico Ungarico, con il quale Carissimi costituì Girolamo Rasponi, cavaliere di S. Stefano, suo procuratore per l’immissione in possesso dei benefici, consente l’identificazione dei medesimi, relativi rispettivamente alla chiesa di Santa Maria di Nazareth in località Masullo presso Ravenna e alla chiesa di S. Maria "de Urano" in Bertinoro, presso Forlì.
   L’ultimo contributo presentato nella mattinata è stato quello di Luigi Verdi dal titolo "Autografi contesi di Giacomo Carissimi" in cui lo studioso è tornato ad affrontare il delicato tema degli autografi carissimiani, ripercorrendo brevemente la storia dei rari manoscritti già ritenuti autografi, poi rivelatisi apografi, fino a porre l’attenzione su un esemplare che potrebbe essere autentico, il ms. 5357 "Militia est vita hominis" conservato presso la Biblioteca Casanatense di Roma, la cui provenienza dal Collegio Germanico Ungarico è confermata dal timbro sulla prima pagina (con le lettere maiuscole C G H, Collegium Germanicum et Hungaricum). La scrittura minuta, quasi illeggibile, potrebbe confermare, secondo lo studioso, una stesura autografa; una redazione del genere non consentirebbe un’esecuzione senza una ricopiatura che rendesse leggibile il testo agli esecutori. A far propendere per l’originalità dell’autografo è il fatto che il foglio sembra destinato a un’ulteriore copiatura. In questo testimone, il mottetto si presenta in una versione a soprano solo con accompagnamento di basso continuo e alcuni numeri. Su altre fonti non autografe il mottetto è nella versione a tre voci (due soprani e basso). L’intervento è terminato con l’ipotesi che allo stato attuale della ricerca questo manoscritto possa essere l’unico autografo musicale superstite di Carissimi, sottoposto dunque come tale all’attenzione degli studiosi in attesa di ulteriori conferme sulla sua autenticità. Animato il dibattito, coordinato da Flavio Colusso, che ha concluso la sessione, nel quale i relatori e gli intervenuti – tra i quali Agostino Ziino – hanno avuto modo di discutere sia su alcuni aspetti più singolari della figura del Carissimi, in primo luogo sulla sua spiritualità, nonché sul suo atteggiamento nei confronti del mondo, del denaro, del potere, sia sulle prospettive di ulteriore approfondimento suggerite dagli interventi presentati.

   La sessione pomeridiana, moderata da Johann Herczog, ha avuto inizio con la relazione di Galliano Ciliberti "Un caso di musica picta: il mottetto ’In te Domine spes mea’ attribuito a Carissimi", nella quale lo studioso ha analizzato il dipinto del XVII secolo – attribuibile, secondo il parere di Claudio Strinati, alla scuola di Guido Reni – conservato presso il Musée des Beaux-Arts di Tours. L’opera raffigura santa Cecilia con un libro musicale aperto in mano, un volumetto di formato oblungo molto simile a quelli che tramandano cantate. Dopo aver identificato la notazione dipinta sul piccolo libro aperto della santa come il mottetto per l’elevazione “In te Domine spes mea” per due soprani e continuo, attribuito a Giacomo Carissimi e tramandato come unicum in una miscellanea del fondo della Réserve della Bibliothèque nationale de France, comprendente 72 mottetti (di cui ben 32 appartenenti al compositore), lo studioso ha altresì avanzato alcune ipotesi circa la committenza del dipinto, da ricondursi all’ambiente dei mecenati di Carissimi, tra i quali spicca la regina Cristina di Svezia, ma anche i protettori della nazione tedesca a Roma: Scipione Borghese (committente di Guido Reni), Maurizio di Savoia e Girolamo Colonna (che ebbe stretti rapporti con Carissimi soprattutto nell’organizzazione della musica all’interno del Collegio Germanico e a Sant’Apollinare).
   Nel successivo contributo su "La ’Missa La luna piena’ di Corsi da Celano", dopo aver richiamato il saggio di Galliano Ciliberti nella monografia su Corsi da questi curata insieme a Giovanni Tribuzio pubblicata nel 2014, nel quale l’autore ha ricostruito la vicenda compositiva dell’opera e lo scorcio della biografia del compositore, formulando ipotesi affascinanti circa il rapporto fra la Messa e le teorie galileiane, Michele Vannelli ha proposto alcune approfondite considerazioni di carattere analitico. Nell’esaminare la struttura dell’opera, composta all’epoca del magistero di Corsi in Santa Maria Maggiore de Urbe tra il 1657 e il 1658, lo studioso ha sottolineato quanto questa Messa sia un’opera estremamente interessante dal punto di vista stilistico (e quindi esecutivo) perché rappresenta per certi versi un’opera di transizione, fondata com’è nella tradizione romana del contrappunto da cappella ma anche ricca di pagine “affettuose” tornite alla luce della lezione carissimiana, evidente traccia dell’assimilazione da parte di Corsi degli insegnamenti ricevuti da Carissimi.
   L’ultimo intervento è stato quello di Cecilia Campa dal titolo "Anno Domini 1629. Musici e massimi sistemi sotto l’egida barberiniana". La studiosa ha ricostruito con suggestive indicazioni il contesto musicale ma anche politico, religioso e sociale della Roma di Urbano VIII, nella quale il “sistema delle arti” barberiniano è stato il terreno per esperienze e scambi artistici e intellettuali di altissimo livello. In particolare, intendendo osservare i riverberi degli accadimenti occorsi in alcune occasioni musicali, nelle quali le composizioni interagiscono in modo dialettico e interlocutorio con gli umori e i temi più in vista, si sono esaminati la prosecuzione e maggiore densità dei festeggiamenti per le nozze Barberini-Colonna, in corso da due anni, l’acquisizione del feudo di Palestrina dai Colonna da parte dei Barberini e l’avvistamento di un parelio (peculiare fenomeno meteorologico consistente nell’effetto di aloni solari che suggerivano la presenza di più soli). Per quanto attiene la figura di Carissimi, infine, si sono sottolineate due figure di poeti a lui vicini presenti nella raccolta di opere poetiche per le nozze di Taddeo Barberini con Anna Colonna, Giovanni Ciampoli e Domenico Benigni. Al primo si deve il testo di un Choro intonato da Kapsperger, mentre al secondo quello per un Dramma per musica.

   Il pomeriggio è proseguito con il momento celebrativo – di grande significato – rappresentato dallo scoprimento della TARGA, destinata alla Cattedrale di Tivoli, con il seguente testo: «Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo Martire | in questo luogo sacro, negli anni 1623-1627, | ebbe il suo primo incarico professionale come cantore e organista | Giacomo Carissimi | Maestro dell’Europa Musicale Marino 1605 – Roma 1674».
   A degna conclusione della giornata ha avuto luogo, sempre nella chiesa di San Vincenzo, il CONCERTO “Quid agis cor meum”, oratori, mottetti e cantate di Giacomo Carissimi proposto dall’Ensemble Seicentonovecento (Flavio Colusso, direttore al cembalo; Maria Chiara Chizzoni, soprano; Mauro Borgioni, baritono; Andrea Damiani, tiorba) che ha riscosso grande apprezzamento da parte del numeroso pubblico presente.